L’UNI SOSPENDE IL TAVOLO IN CORSO PER LA NORMAZIONE DELLA FIGURA PROFESSIONALE DEL COUNSELOR
La faremo breve. La notizia è arrivata. O quasi. Sebbene l’UNI non abbia ancora inoltrato la sua comunicazione ufficiale, il CNOP, alla sua maniera (natura non facit saltus) anticipa la notizia che tutti attendevamo. L’UNI sospende il tavolo in corso per la normazione della figura professionale del counselor.
Niente di nuovo sotto il sole. Sia per la forma, giacché ancora una volta il CNOP si qualifica per la scorrettezza con cui è evidentemente uso ad agire, sia per la sostanza delle cose. Si tratta, infatti, di una notizia che attendevamo ormai da tempo, consapevoli e testimoni sin dal principio della opposizione, della ostilità e del boicottaggio messi in atto, con la più sorda e cieca determinazione, dal CNOP e dai suoi consigli regionali e provinciali. Non è un caso che L’UNI stesso non abbia potuto motivare la decisione che con un laconico (per non dire sconsolato): “a causa della ferma opposizione del CNOP”, il quale, com’è universalmente noto, ha impedito il regolare svolgimento dei lavori del Tavolo, opponendosi (lo scrive il CNOP) a “a qualsiasi formulazione e riformulazione delle attività, competenze e abilità previste per le cosiddette professioni di counselor e di coach”.
In attesa di ricevere la comunicazione ufficiale di UNI e della nota da parte di UNICO, vale la pena di far osservare due aspetti della questione. Uno oggettivo, l’altro prospettico e sostanziale.
UNI non ha sospeso il tavolo perché, in qualunque forma, siano stati ravvisati elementi tecnici ostativi, che impediscano la normazione della figura professionale del counselor. Assolutamente no. Ma in ragione della opposizione “a tagliola” di uno degli stakeholder, che, ormai pare evidente, ha partecipato a quel Tavolo con l’unica intenzione di impedirne lo svolgimento. Come per altre note e tristi vicende del presente in ambito politico nazionale, anche in questo caso non si è trattato di una “bocciatura” realizzata sul merito delle cose, quanto piuttosto di un atto che ha teso a impedire che se ne potesse financo discutere.
Per altro verso, se da una parte è vero che il processo di normazione della figura professionale del counselor paia subire l’ennesimo rallentamento, questo non significa che si arresti. Tutt’altro. Che esso prosegua – e vedremo per quali ulteriori altre vie - sino a positiva conclusione lo indica e lo prevede la L. 4/2013, la quale - sarà bene che anche il CNOP lo consideri - è legge dello Stato, ed è tuttora in vigore.
Pertanto non deve sfuggire che, diversamente da quanto surrettiziamente alcuni (“portatori di interesse” avverso) vorrebbero lasciare intendere, quello di UNI non è che un percorso pattizio – a carattere privato – realizzato ai fini della sola definizione dei principi regolatori di una determinata competenza, ma che da un punto di vista giuridico nulla aggiunge e nulla toglie al libero e legittimo esercizio della professione di counselor, già più volte sancito dalla giurisprudenza sia penale sia amministrativa, e sempre a favore dei counselor. Infatti, come tutti sappiamo, le norme UNI sulle attività professionali non regolamentate sono squisitamente qualificanti e non abilitanti. In quanto norme tecniche, sono applicate su base volontaria e non impongono in alcun modo obblighi vincolanti ai professionisti; non si sostituiscono, né corrispondono alle certificazioni emesse dagli organismi di certificazione.
Stiano dunque sereni al CNOP, i professionisti del settore possono continuare ad esercitare la professione pur in assenza o nell’attesa della certificazione in conformità con la norma UNI. Sarà il mercato, attraverso il suo naturale meccanismo di autoregolamentazione, a premiare quei professionisti che più efficacemente sapranno dare risposte ai suoi bisogni.
Insomma, sursum corda: nihil novi sub solem
Marco
Deriu
Segretario
Generale
Coordinamento
Nazionale Counsellor Professionisti (CNCP)