Relazione d’apertura del Presidente del CNCP prof. Cesare Fregola
Grazie al comitato Scientifico e Organizzativo del Convegno, che ha visto impegnati i nostri colleghi negli ultimi mesi per la progettazione e realizzazione di questo nostro momento così impegnativo e così importante per la vita del CNCP.
E infine Grazie agli ospiti che ci onoreranno della loro presenza portando un repertorio di competenze ed esperienze pregevoli che metteremo in un campo di riflessione, emozioni e di scambio reciproco.
Il tema che abbiamo scelto, l’Etica, nasce dalle tante domande che come corpo associativo ci avete posto direttamente e in svariate forme che è anche al centro del nostro interesse. Il tema dell’etica rappresenta il nucleo di un dibattito paradossale che ci induce a percepire la nostra quotidianità come se si dovesse stare in una continua “difesa” di qualcosa. Viviamo tempi fragili, vissuti quotidianamente nel timore del dialogo, della vulnerabilità e percorsi da eventi problematici che esulano e a volte sembrano esulare dal controllo dei singoli e che sono accolti con difficoltà dalle collettività.
In questo tempo di emergenze e incomprensioni, il lavoro dei Counsellor e della nostra Associazione prosegue intenso, con la determinazione di affrontare le difficoltà, non ignorare i dubbi, perseguire gli obiettivi delineati muovendoci in contesti complessi, ma anche densi di possibilità.
È paradossale, infatti, definire la nostra identità stando in difesa per dimostrare cosa non siamo o cosa non dobbiamo fare, invece che per affermazione delle nostre specificità e del valore reale - sociale e culturale - che le nostre pratiche professionali portano nel processo evolutivo dei clienti che si rivolgono a noi.
Non è su questo che intendo soffermare l’attenzione e, in questa apertura, ci tengo a rendere esplicito il pensiero che è proprio il nostro agire etico che ci consente e ci consentirà di proseguire il nostro complesso cammino a testa alta.
Siamo consapevoli dei vincoli e delle possibilità, delle difficoltà e delle nostre attuali risorse, dei confini e dei perimetri dei nostri campi di azione ma anche della legittimità e del riconoscimento che i nostri clienti ci restituiscono grazie al rigore delle nostre competenze. Competenze che si strutturano con la formazione di base, crescono lungo l’arco della vita professionale e soprattutto si evolvono nella crescita come persone che il nostro lavoro comporta.
Le richieste che ci arrivano riguardano il bisogno di uscire da un pensiero asfittico, che vede l’etica e la deontologia come sistemi che regolano limiti autoreferenziali nei quali le organizzazioni professionali si muovono per giustificare la propria, la nostra esistenza agli occhi di chi opera sul mercato della salute e del benessere con altre finalità. Ma cos’è il mercato? Il luogo di incontro di domande e offerte dove si intercettano bisogni complessi con risposte adeguatamente articolate, alle quali concorrono più professioni che crediamo possano costruire tra loro relazioni di buon vicinato.
Eric Berne parla di “effetto serra” nei gruppi chiusi, laddove si rischia di coltivare fenomeni di esclusione, di non inclusione o, comunque di mantenimento conservativo con poche probabilità di essere evolutivi e generativi. E tutto ciò in un momento di crisi dei paradigmi e della ricerca di futuro sostenibile, come è più che noto ed esplicitato da una consultazione anche sommaria dei 17 obiettivi per la sostenibilità indicati dalle Nazioni Unite in agenda 2030.
Fuor di metafora, vorremmo focalizzare la nostra attenzione sull’agire etico perché questo si possa muovere verso un’integrità professionale già trasformata, rivisitata alla luce dei bisogni complessi, vecchi e nuovi, delle persone e dei gruppi sociali nei contesti reali e virtuali che caratterizzano la nostra quotidianità.
Vorrei rileggere questo passaggio:
Vorremmo focalizzare la nostra attenzione sull’agire etico perché questo si possa muovere verso un’integrità professionale già trasformata, rivisitata alla luce dei bisogni complessi, vecchi e nuovi, delle persone e dei gruppi sociali nei contesti reali e virtuali che caratterizzano la nostra quotidianità.
Abbiamo già iniziato questo percorso con il Prof. Bocchi al convegno di due anni addietro, realizzato con il CD precedente proprio in questa aula. Ne approfitto per ricordare che il prof. Bocchi ha aderito al nostro prestigioso Comitato Scientifico.
Grazie a tutti i nostri soci, presenti e non presenti qui oggi, che hanno aderito alla richiesta di dare avvio al nostro incontro proponendo una definizione di integrità professionale che con il nostro ospite riprenderemo nel corso del convegno e dell’Expert Meeting.
Due parole a riguardo.
Nei primi periodi, nell’autunno dello scorso anno, nei primi incontri di lavoro con Eleonora De Santis e Rosaria Motti, responsabili della nostra Segreteria, ho scoperto la necessità di costruirmi una base lessicale, perché erano tanti i termini il cui davo per scontato il significato.
Così ho incontrato l’Expert-meeting e dopo averne parlato con Raffaele Mastromarino, con Antonio Gentile e con Sara Maggi, e poi nel Consiglio Direttivo, abbiamo deciso già da allora che il nostro convegno potesse avere anche una funzione formativa più esplicita.
Abbiamo scelto così di integrare il Convegno con un Expert Meeting proprio per riprendere insieme un lavoro di formazione e ricerca che ci arricchisca di una visione comune sul tema dell’Etica. E l’idea è quella di partire dal vivere e dall’agire etico con una rinnovata consapevolezza non soltanto delle abilità professionali e della dimensione umana che attraversa il nostro ruolo, ma di un modello riconoscibile che possa sostenere la nostra identità di Counsellor del CNCP, a prescindere dagli esiti delle azioni politiche nelle quali siamo impegnati a muoverci a livello istituzionale e di sistema.
Un po’ di ambizione non guasta. Basta con il partire da posizioni down o asimmetriche.
È innegabile che la nostra professione stia vivendo una fase complicata nel proprio ciclo evolutivo, sia rispetto alla sua legittimazione sociale che, soprattutto, all’ identità professionale.
È altrettanto innegabile che ogni innovazione avvii processi di negazione, di resistenza, da mettere in relazione ai processi conservativi e ai timori connessi al cambiamento prima di avviare le fasi esplorative laddove invece di confini confusi si possono vedere orizzonti e prospettive.
Forse è una visione ingenua, ma porre come assioma l’agire etico potrebbe essere un punto di ripartenza per un confronto democratico e civile che la società della conoscenza ci richiede.
Lamberto Maffei (2016), nel suo libro Elogio della Lentezza, esplora i meccanismi cerebrali che guidano le reazioni dell’organismo umano quando le sollecitazioni del mondo esterno richiedono prontezza, rapidità, velocità di esecuzione. L’autore mette in luce gli aspetti conflittuali che derivano dalle richieste di andare veloci quando il tempo disponibile è minore del tempo necessario a portare a termine un compito, un’attività, un progetto. Ci vuole più tempo di quello che si ha a disposizione o, anche, si dispone di minori risorse per compensare la velocità che è necessaria.
L’autore pone un dilemma di grande attualità:
se è necessario ricostruire e potenziare la propria abitazione è meglio accamparsi e proteggersi al meglio e iniziare i lavori abitando la casa che si ha mettendosi al riparo oppure costruirsi rapidamente un alloggio che potrebbe poi crollare?
Viene in soccorso un detto che dice che per suonare un brano di Mozart ci vuole lo stesso tempo che ci voleva ai tempi di Mozart! …e accelerare l’esecuzione significherebbe snaturare quella musica.
Un anno e mezzo insieme a voi.
Sembra ieri il 17 giugno del 2017, giorno del rinnovo delle cariche elettive del nostro Consiglio Direttivo.
Cosa io mi aspetto da queste due giornate di Convegno e Formazione?
Di fare tempo insieme con la mente aperta, il cuore aperto, la volontà aperta, come direbbe Otto Scharmer quando introduce il suo modello per vivere al meglio in un mondo che si trasforma e ci chiede di rivisitare, riscoprire, confermare alcuni, e sottolineo, alcuni modi di vedere l’identità, l’appartenenza, l’immaginazione dell’avvenire.
A partire dal dire adesso Buon Lavoro a ciascuna e a ciascuno di voi e al NOI che abiteremo insieme questi due giorni.